Giorni di Natale

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Maria e Giuseppe in cammino

La seconda processione è da Nazaret a Betlemme. Questa volta la gente si accorge di Maria: la sua gravidanza è così visibile e la sua stanchezza è così palese. E la sera quando la stanchezza diventa aghi tra le membra, è legge sfoderare denti e artigli e conquistarsi una tana.

Giuseppe e Maria non hanno artigli. Trasognati, non si sono accorti, che la caccia al giaciglio è cominciata da tempo. All’improvviso si trovano soli. I compagni di carovana sono scomparsi fino all’ultimo, senza un saluto. A Maria l’angelo era venuto nell’ora che precede il giorno; ai pastori viene nell’ora della fiamma.

Andare a vederlo

In piedi, pastori. Qualcuno è nato anche per voi stanotte, a interrompere i vostri bivacchi. Andate. Trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino giacente nella mangiatoia. E’ tutto. Questo presepio di dieci parole è dell’evangelista Luca che nemmeno lui lo vide, come non lo vide il suo maestro Paolo di Tarso: soltanto quei pastori notturni polverizzati nel nulla. Tre nomi, un arnese.

Facciamolo anche noi così piccolo e vero il presepio. Leggiamo e rileggiamo queste dieci parole, come ci si curva su un diamante fino ad appannarlo col fiato. Sono tutto il nostro Natale: le ha scritte Luca, un medico di Antiochia, senza che la sua penna tremasse per la tentazione di dire di più.

Andiamo a vederlo. Vado a vederlo. Il viaggio dura questi duemila anni. Ma Betlemme è ancora lontana: una foresta di secoli fra la nostra nascita e la sua.

Beati pastori, che avevate soltanto qualche pendio di collina. A noi tocca scavalcare la storia, questa muraglia dell’immane spessore dietro cui non giunge il suo vagito, non il coro degli spiriti a noi tardissimo nati.

Vado a vederlo. Lui ci guarda e ripete, in un’antica promessa mantenuta a se stesso: la mia gioia è di essere coi figli degli uomini.

Simeone e Anna

La terza precessione dopo quaranta giorni: da Betlemme a Gerusalemme. Giuseppe porta nel pugno le due tortore dell’offerta e nel palmo i cinque sicli d’argento per il riscatto del primogenito.

Anna è vedova da innumerevoli stagioni. Ha fatto il nido nel tempio come una vecchia rondine che non vuole più migrare. Oggi il Bambino l’ha ricompensata. Ha gettato nella crusca dei suoi giorni questa gemma, è calato tra le sue vecchie braccia. E Anna lo ha adorato a occhi chiusi: le sue narici hanno riconosciuto tra quelle fasce l’odore di Dio.

Simeone è un qualunque uomo che ha vissuto giustamente e ha solo voglia di morire. La sua gioia, mentre lo regge fra le braccia sotto l’atrio del tempio, è diversa da quella di Anna. Per lui è la grazia sospirata dal prigioniero, la porta che si apre. Lascialo andare, Signore.

I Magi

A Gaspare, Melchiorre e Baldassare, in cambio dei loro regali, hai restituito l’infanzia, la soave infanzia sepolta sotto i calcoli astrusi di Zoroastro, sotto i compassi gelidi dei Caldei. E i tre fanciulli hanno rimesso il piede nella staffa degli animali su cui erano giunti. La loro lunga carovana serpeggiante sulle vie del ritorno ha annodato, in un filo di giovinezza, l’Occidente e l’Oriente.

Quei piccoli innocenti

Noi siamo i bambini di Betlemme: avevamo manine piccole come quelle di lui. E noi credevamo che fosse un gioco quando ci presero dai letti, se non avessimo sentito la mamma urlare più del giorno che ci partorì.

Allora ci siamo messia piangere, ma solo perché lei piangeva, e noi eravamo soliti imitarla, spontaneamente, in tutto quello che la vedevamo fare vicino a noi.

Poi, benché piccini, abbiamo capito chiaramente che si trattava di questo, di morire. Appena uccisi il dolore per tutto ciò è svanito. Abbiamo subito saputo che il Bambino era salvo, in braccio alla sua mamma viaggiava nel deserto sopra un asinello, verso un paese dove l’avrebbero lasciato giocare e quello è stato il nostro regalo di Natale.

Brani tolti da “Volete andarvene anche voi? Una vita di Cristo”, di Luigi Santucci

Egli viene

Egli viene
E con lui viene la gioia.			
Se lo vuoi, ti è vicino.
Ti parla, anche se non parli.		
Se non l’ami, ti ama ancora di più.	
Se non sai camminare, ti porta.		
Se sei povero,				
hai assicurato il regno dei cieli.		
Se perseguitato per causa di giustizia,	
puoi rallegrarti ed esultare.		
La gioia è fatta di niente,			
perché ogni uomo che viene al mondo	
viene a mani vuote.				
Anche se non lo vuoi, ti è vicino.	
Se ti perdi, viene e a cercarti.
Se piangi, sei beato, perché lui ti consola.
Se hai fame e sete di giustizia,
sei saziato.
Così entra nel mondo la gioia,attraverso
un bambino che non ha niente
Cammina, lavora e soffre
a mani vuote
muore e va di là a mani vuote.

Don Primo Mazzolari