Santa Rita da Cascia
Santa Rita (Margherita Lotti) nasce nel 1371, a Roccaporena, frazione di Cascia, in una famiglia benestante.
I genitori di Rita sono particolarmente stimati come pacieri. Rita viene battezzata nella chiesa agostiniana di San Giovanni Battista in cima al colle di Cascia.
L’unica istruzione che Rita può avere è quella degli Agostiniani: da loro, apprende la devozione verso i suoi santi protettori Agostino, Giovanni Battista e Nicola da Tolentino (che, al tempo di Rita è ancora beato).
Sposata con Paolo, avranno due figli. Dopo la morte del marito, anche i figli nel breve periodo lasciano questa vita.
Rimasta sola, Rita si avvicina sempre più al Cristo sofferente, rifugiandosi nella preghiera. È in questo momento che deve aver maturato con forza il desiderio di elevare il suo amore ad un altro livello, ad un altro sposo: Cristo.
Entra con non poche difficoltà nel Monastero di Santa Maria Maddalena, coronando il suo desiderio. Vi rimarrà quaranta anni, fino alla morte avvenuta nel 1457. Ascesi, contemplazione, preghiera, penitenza, ma anche azione sono state sicuramente le coordinate della vita claustrale di Santa Rita da Cascia.
Si racconta che durante il periodo del noviziato, la Madre Badessa, per provare l’umiltà di sorella Rita, le abbia comandato di piantare e innaffiare un arido legno. La Santa obbedisce senza indugi e il Signore premia la sua serva facendo fiorire una vite rigogliosa. Per questo, la vite è il simbolo della pazienza, dell’umiltà e dell’amore di Rita verso le sue consorelle e, più in generale, verso l’altro.
Dopo aver attraversato il dolore per la morte dei cari, tra le mura del Monastero Rita innalza il suo dolore alle sofferenze di Cristo per l’umanità: chiede e ottiene dall’Amato, come pegno d’amore, di diventare partecipe ancora di più alla Sua sofferenza. È il 1432: un giorno, mentre è assorta in preghiera, chiede al Signore di renderla partecipe alle sue sofferenze.
Non sappiamo cosa sia accaduto in quel momento, una luce, un lampo, una spina staccatasi dal Crocifisso le si conficca nella fronte e nell’anima, aprendo una piaga che miracolosamente si chiuderà durante un pellegrinaggio a Roma, e si riaprirà al ritorno in monastero.
Ancora oggi chi visita il Monastero, può vedere quello che secondo la tradizione è il Cristo del prodigio. Non è certo se sia avvenuto o meno veramente lì, ma la sostanza del fatto, storicamente provato, resta indiscutibilmente la stessa; anzi, forse il volere collocare il miracolo davanti ad un crocifisso dipinto esclude ogni causa traumatica naturale.
Sicuramente Rita ha vissuto questo dono con molta umiltà, senza farne mai vanto, parlando poco della sua ferita e presentandola come tale: una piaga.
Nell’inverno precedente la sua scomparsa, gravemente ammalata, Rita trascorre lunghi periodi nella sua cella. Sente avvicinarsi la fine, ed è qui che avviene un ennesimo fioretto di profonda tenerezza umana. Ad una sua parente, che era venuta a trovarla, chiede di passare nel suo orto di Roccaporena e cogliere una rosa e due fichi. È un gennaio nevoso e freddo. La parente, incredula per la richiesta, si reca all’orto e trova la rosa e i due fichi richiesti, che coglie e porta a Rita. Segni interpretati come la salvezza e il candore dell’anima di suo marito e dei suoi figli.
Con un fisico ormai provato dalle tante sofferenze, Rita giunge all’alba dell’incontro celeste la notte tra il 21 e il 22 maggio dell’anno 1457. In questo momento, la tradizione vuole che le campane del Monastero, mosse da mani invisibili, si siano messe a suonare, richiamando la cittadinanza, che si è recata in monastero. La venerazione di Rita da Cascia da parte dei fedeli inizia subito dopo la sua morte e fu caratterizzata dall’elevato numero e dalla qualità degli eventi prodigiosi. Il fatto di non essersi mai ammalata di peste pur essendosi dedicata in vita agli appestati le fecero acquisire l‘allocuzione di “santa degli impossibili”.
A partire dal 1457 e fino al 1563 un totale di quarantasei miracoli vengono attribuiti alla Santa. La sua beatificazione avviene, però, dopo varie vicissitudini, soltanto nel 1626, 180 anni dopo la sua morte.
La Chiesa cattolica, ai fini della canonizzazione, richiede il riconoscimento di due miracoli. Nel caso di Santa Rita, si tratta della guarigione, ritenuta miracolosa, di Elisabetta Bergamini, una bambina che stava per perdere la vista a causa del vaiolo.
La seconda guarigione, anch’essa ritenuta miracolosa, riguarda Cosmo Pellegrini, un anziano sarto di Conversano affetto da una gravissima forma di gastroenterite cronica: quest’ultimo, prima di recuperare improvvisamente la salute nel 1887, dopo aver ricevuto l’estrema unzione, avrebbe avuto una visione della Santa. A questi episodi si aggiunse il gradevole e inspiegabile profumo che emanava dai resti del corpo della Santa. I credenti suoi devoti la chiamano “Santa degli impossibili”, perché dal giorno della sua morte sarebbe “scesa” al fianco dei più bisognosi, realizzando per loro miracoli prodigiosi, eventi altrimenti ritenuti irrealizzabili.
La devozione popolare cattolica per Santa Rita è tuttora una delle più diffuse al mondo.
Tratto da www.santaritadacascia.org e www.wikipedia.com