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Mercoledì delle Ceneri (26 febbraio 2020)

E’ vero che la conversione è essenzialmente un impegno che riguarda il singolo, come ricorda la cenere che ciascuno di noi riceve sul suo capo. Non dobbiamo però trascurare i mezzi concreti che ci vengono offerti per camminare insieme come popolo e non semplicemente come individui isolati. “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane da solo; se invece muore produce molto frutto”. C’è davvero da augurarsi che questa parola che riassume tutto il mistero pasquale di Gesù, morto e risorto, ci accompagni in maniera privilegiata in questo tempo di grazia e, dall’isolamento in cui spesso consumiamo in maniera sterile le nostre risorse, passiamo all’esperienza della comunione dei cuori, della condivisione, anticipo su questa terra della Vita inesauribile e divina di cui l’universo intero un giorno sarà il sacramento.

Domenica delle Palme (5 aprile 2020)

I discepoli sono mandati in città da un tale. Perché questa figura rimane indeterminata? Perché può essere ciascuno di noi! A chiunque, anche oggi, viene portato il proposito pressante del Maestro: “Il mio tempo è vicino, farò la Pasqua da te con i miei discepoli”. Nessuno ritenga di avere un’abitazione troppo piccola e poco significativa per esaudire la richiesta di Gesù. Nessuno si agiti e si confonda, pensando che tutti i locali a sua disposizione sono in questo momento troppo ingombri di ansie, di paure e di sgomento. Per “mangiare la Pasqua”, Gesù non si aspetta che noi riusciamo a offrirGli solenni apparati. Gli basta un piccolo, ma sincero gesto di attenzione al Suo dolore, alla Sua tristezza e angoscia, di fronte all’abisso del rifiuto che il cuore umano è in grado di opporre all’Amore che lo ha creato.

Giovedì Santo (9 aprile 2020)

“Ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso”. Le parole dell’apostolo Paolo ravvivano in noi questa sera il senso di una fondamentale consapevolezza: ogni aspetto vissuto oggi da chi cammina nei sentieri del tempo è vitalmente collegato con l’unica Sorgente; ogni frammento della nostra fragile esistenza rimanda al mistero della morte e risurrezione di Gesù, l’Evento, il cui significato ultimo si compie, comunica ogni volta nelle parole e nei gesti dell’ultima cena.

Non si è mai spezzata, nel corso dei secoli, questa prodigiosa continuità. Il pane e il vino offerti ogni volta in memoria di Lui ci rendono infatti realmente contemporanei del dono pasquale del Signore. Partecipando a questo banchetto, una linfa divina di libertà e di amore fluisce nella nostra storia, nel nostro essere in cammino per le strade del mondo. E’ un fiume di grazia che scorre e ci raggiunge intimamente, guarisce le nostre ferite, ci raduna da ogni dispersione.

Venerdì Santo (10 aprile 2020)

La croce di Gesù ci illumina. Ci conduce a cambiare il nostro modo di guardare. Ci fa vedere l’invisibile, credere possibile ciò che avevamo ormai escluso, sperare l’insperabile. Dalla morte di Gesù fluisce la sorgente inesauribile. Dal Suo corpo che ha ormai esalato l’ultimo respiro, scaturisce immediatamente la vita: “subito ne uscì sangue e acqua”.Impossibile per il discepolo amato dubitare del Mistero: “Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero”. E dal Golgota si rivolge direttamente a noi: “perché anche voi crediate”.

E’ il momento di fidarci apertamente, di venire allo scoperto. C’è un amore che ancora possiamo esprimere a Colui che è morto per noi, una tenerezza da osare, un affetto, che, pur tardivamente, possiamo tributarGli.

Possiamo oggi ricominciare a vivere nella Sua misericordia e nel Suo perdono.

Veglia di Pasqua (11 aprile 2020)

Due strade si aprono a Pasqua: da un lato, quella di chi tenta, con tutti i mezzi, di tenere insieme un mondo che crolla, un ordine di cui vediamo moltiplicarsi le crepe e le inconsistenze; dall’altro, la via di coloro che aprono finalmente gli occhi su un vuoto che comincia a parlare, su un’assenza rivelatrice di una nuova presenza: “Venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: ‘E’ risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto’”.“Ve l’ho detto”. Colpisce questo modo di rafforzare l’avvenuta trasmissione del messaggio. E’ il modo di farci capire che non dobbiamo aspettarci nulla oltre l’annuncio. Quel che importa è saperci fin da ora preceduti da Lui, il Signore, pronto in ogni momento a comunicarci il suo dono pasquale, la Sua vita donata per noi una volta per tutte, sottratta al potere della morte, sempre più intensa e viva, ancora tutta da scoprire.

Domenica di Pasqua (12 aprile 2020)

“Era ancora buio… in quel primo giorno della settimana”. Eppure, qualcuno non ha aspettato il sorgere del sole per mettersi in cammino. Certo, le intenzioni di Maria di Magdala, i suoi sentimenti e i suoi pensieri, sono ancora molto confusi. Quando trova la tomba vuota, la prima cosa a cui pensa è a un trafugamento di cadavere. Di lì a poco, non avrà subito gli occhi per riconoscere chi è veramente il giardiniere che le si presenta davanti. Quel che conta, però, è che il buio non l’ha fermata, non ha spento in lei il dinamismo dell’amore per Gesù, più forte di tutto ciò che le consigliava di lasciar perdere.

C’è una scoperta che siamo chiamati a fare. Noi non amiamo perché esistiamo, ma esistiamo veramente solo perché amati da Lui con un amore più forte della morte, perché resi capaci di amare in Lui ogni creatura, ogni fratello e sorella in umanità. Ricordiamoci: non è un mondo sano, senza malattie e in pace che ha convinto Maria di Magdala, Pietro e l’altro discepolo, gli apostoli e i primi testimoni della risurrezione a mettersi in cammino. E’ piuttosto la loro fede, faticosamente maturata, che ha contestato un ordine del mondo costruito sul dominio della morte. E’ la loro fede che si è diffusa e ha attraversato i secoli. La loro fede interpella i nostri cuori e ci chiede di anticipare con la nostra vita il Giorno pieno, che già ha cominciato a inondare il mondo.