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Il 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, inizia la Quaresima. È il “tempo forte” che prepara alla Pasqua, un tempo di vera conversione. Questo itinerario di quaranta giorni ci conduce al Triduo Pasquale, preludio della solennità pasquale.

Nella liturgia si parla di “Quadragesima”, cioè di un tempo di quaranta giorni. E richiama alla mente i quaranta giorni di digiuno vissuti dal Signore nel deserto prima di intraprendere la sua missione pubblica. Quaranta poi, è il numero simbolico con cui l’Antico e il nuovo Testamento rappresentano i momenti salienti dell’esperienza della fede del popolo di Dio. È una cifra che esprime il tempo dell’attesa, della purificazione, del ritorno al Signore. Le quarantene nella Bibbia sono molte: i quaranta giorni del diluvio universale, quaranta i giorni passati da Mosè sul monte Sinai, quaranta gli anni in cui il popolo di Israele peregrina nel deserto, quaranta i giorni di cammino del profeta Elia per giungere al monte Oreb, quaranta i giorni che Dio concede alla città di Ninive per convertirsi…

Tornando alla Quaresima, essa è un accompagnare Gesù che sale a Gerusalemme, luogo del compimento del suo mistero di passione, morte e risurrezione e ci ricorda che la vita cristiana è una “via” da percorrere, e non tanto in una legge da osservare, ma nella persona stessa di Cristo troviamo un uomo da incontrare, da accogliere e da seguire. I segni e gli atteggiamenti tipici della Quaresima sono: il digiuno, l’elemosina e la preghiera.

Il digiuno è una educazione alla sobrietà: è il tentare, per qualche giorno, a vivere come i poveri, privandoci volontariamente di qualcosa. È una forma di digiuno anche quella di astenersi dal peccato. L’elemosina invece, è una forma di misericordia verso i poveri e che si esprime in molte opere buone, è generosità che dona ai bisognosi il frutto di una nostra privazione. Il Papa ci ha detto che l’elemosina è il “prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia”. E poi la preghiera, soprattutto quella personale e silenziosa, che ci permette di rientrare in noi stessi per riscoprire quella luce interiore che illumina poi le scelte della nostra vita. È fondamentale raccogliersi per pregare e incontrare, nel segreto, il Padre della misericordia e della tenerezza.

Mi permetto una esortazione, per il vostro bene. Ciò che mi piace di Dio è che ci lascia liberi, non costringe nessuno a seguirlo… Ma vale davvero la pena conoscerlo, soprattutto nei giorni della Settimana Santa, per capire e gustare quanto, tutti, siamo amati. Non lasciamolo morire solo. E anch’io in quei giorni avrò molte cose belle da dirvi.

IL SALMO QUARESIMALE Il salmo 50

“Pietà di me o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato.
Lavami da tutte le mie colpe,mondami dal mio peccato.
Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto.
Purificami con issopo e sarò mondo; lavami e sarò più bianco della neve.
Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe.
Crea in me, o Dio, un cuore puro.
Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia di essere salvato.
Uno spirito contrito e un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.”

È il salmo chiamato ‘miserere’ e ogni volta che lo si legge o che lo si prega, suscita in noi emozioni e un coinvolgimento umano e spirituale. L’uomo non è perfetto, è una creatura fragile. Spesso sbaglia, cede e alla debolezza, si lascia condizionare dal male… fino, qualche volta, a lasciarsi morire. Dentro.

Questo salmo è una liturgia penitenziale. Il credente, si affaccia sul suo cuore e lo trova carente, refrattario, freddo, perché portiamo a volte, un cuore di pietra. E pensare che basta pochissimo per ritrovare il perdono, la misericordia e la pace.

Noi tutti conosciamo bene che cosa avviene all’uomo dopo un peccato grave e sentito come tale: avviene come una grande depressione, e forse, anche una grande rabbia contro sè stessi. Poi si fugge dalla colpa e si tenta di minimizzarla, convincendoci che anche gli altri hanno i loro peccati e forse peggiori dei nostri…

Basterebbe un gesto di umiltà, un ritorno, una preghiera fiduciosa e accorata, e l’uomo si appropria del suo peccato, lo riconosce come parte di sé, della propria storia, della propria povertà e dice “Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinnanzi. Contro di te, contro te solo ho, peccato”. La creatura sente il bisogno di essere salvata, accettando il suo limite e la sua fragilità, e si convince a depositare il suo peccato ai piedi della misericordia di Dio.

Il Vangelo poi, è pieno di peccatori perdonati. Alcuni di loro iniziativa vanno da Gesù a chiedere il perdono sulla loro povera vita… Altri invece sono cercati e raggiunti dalla misericordia del Signore… L’importante è che l’uomo perdonato ritorni a stare bene con sé stesso innanzitutto e poi con Dio.

PERCHE’ CONFESSARSI?

Non serve essere cristiani per cogliere nel vissuto quotidiano la compresenza del bene e del male dentro e fuori di noi. A nessuno piace sentire parlare di peccato e tanto meno piace riconoscersi peccatore. Il peccato però è nel mondo, nella chiesa e tra i cristiani e anche dentro di noi.

La confessione sembra una cosa scaduta, di altri tempi… ma purtroppo l’uomo è sempre lo stesso. Sbaglia oggi, come sbagliava ieri, anzi, sono nati peccati nuovi… Ma anziché confrontarsi con Dio, con la sua Parola, e chinarsi di fronte a sé stesso e davanti al sacerdote ministro della misericordia, l’uomo contemporaneo, preferisce dire le stesse cose allo psicologo, ritenendolo il confessore laico e qualificato.

CHE COSA CONFESSARE?

E qui a tutti viene spontaneo pensare all’elenco dei propri peccati e al bisogno di liberarci. Ma ciò è troppo riduttivo e forse anche un poco deprimente.

Innanzitutto dobbiamo riconoscere i doni di Dio nella nostra vita. Dio ama “tutte” le sue creature e senza la consapevolezza della gratuità di questo amore che è più grande di ogni peccato, e si traduce in una misericordia senza limiti, l’accusa dei peccati rischia di diventare un momento processuale.

Un’altra domanda potrebbe essere questa: che cosa nella mia vita vorrei che non ci fosse stato, che cosa vorrei non aver fatto, che cosa mi pesa di più? Il peccato potrebbe essere una non buona impostazione della mia vita, non solo i singoli atti.

PER LA CONFESSIONE MI TROVERETE SEMPRE DISPONIBILE. Prima o dopo le celebrazioni, o quando il Signore vi chiama a questo incontro con la Sua misericordia.