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E’ necessario che questa festa della sovranità di Gesù sia chiara e forte nella testa: ma non può fermarsi nella testa, deve scendere nel cuore tradursi nella vita.

“Il mio regno non è di questo mondo”: basta pensare che la carta costituzionale del regno di Gesù incomincia così: “beati i poveri..” e continua “beati i miti, i misericordiosi, beati i puri, beati i costruttori di pace, beati quelli che piangono, beati quelli che hanno fame e sete di giustizia”.

Il suo regno è nel cuore dell’uomo: Gesù vuole essere accettato come Signore da ogni uomo. Allora, anche se non è di questo mondo, il regno di Gesù diventa benedizione anche per il mondo; regno di verità, di giustizia, di pace, prima di essere certa attesa della vita eterna felice.

La fede nella sovranità di Gesù deve scendere nel cuore; la legge fondamentale del regno di Gesù è semplice e chiara: “Ama Dio con tutto il tuo cuore … ama il tuo prossimo come te stesso”.

Ed è proprio Gesù la ragione dell’amore che dobbiamo a Dio. Il nostro amore per Dio nasce come risposta all’amore di Dio per noi che ha in Gesù la sua massima rivelazione: “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio non come giudice, ma come salvatore del mondo”. Noi siamo sicuri che Dio ci ama perché c’è Gesù, venuto non per i giusti, ma per i peccatori, venuto per dirci l’interesse, la passione di Dio per ognuno di noi. Noi siamo tanto amati da Dio e noi vuol dire ognuno di noi.

Non ci domanda in cambio, che di amarlo, col nostro povero cuore d’uomini peccatori: di chiamarlo padre e amarlo come figlioli contenti di stare con lui, convinti che il bene è nella sua volontà, anche se, talvolta, difficile da comprendere e da accettare, sicuri delle sue promesse.

Nella cornice di questo amore, vivificate da questo amore, prendono il loro pieno senso cristiano tutte le nostre azioni: il mio lavoro di prete, le preoccupazioni di una mamma di famiglia, ogni lavoro che, se ben fatto, mentre assicura pane onesto, contribuisce al benessere di tutti; il rispetto delle esigenze di giustizia, per non offendere i diritti altrui; l’interesse per la vita presente e la vita eterna degli uomini – di ogni uomo che ha bisogno di pane, di affetto,di grazia - perché riconoscano, nella nostra presente e attiva carità, il cuore e la mano di Dio e si sentano invogliati a cercare il Signore.

Mons. Corrado Cortella, Cattedrale, 29 ottobre 1967